La dittatura:
la sede infernale
di una divinità perfetta.
© Adriana Mirando
La dittatura:
la sede infernale
di una divinità perfetta.
© Adriana Mirando
Ho conosciuto l'uomo alla fine dei suoi giorni privo ormai di paure, rassegnato nella sua infermità. Mio padre nel palpito di un'anima si perdeva nel tempo, nella boccata di una sigaretta fumava il tempo, aspettando che il tempo finisse. Era senza più ricordi senza più memoria. La mia speranza si manifestava a tratti come il suo sorriso. Era una giornata grigia quando lo lasciai nella penombra, i suoi occhi lucenti come rugiada mi guardavano appena. Tornai a trovarlo, ma con il tempo se ne era andato.
© Adriana Mirando
9 settimane e mezzo…
la vacanza che mi manca!
© Adriana Mirando
Non ti trovo mai, nemmeno tra la folla. Per caso una volta t'incontrai, era d'autunno. Entrasti nella stanza con portamento elegante, ti guardai allo specchio, un tumulto del mio cuore e la nostra storia cominciava. Il caso ha voluto una volta soltanto. "Liberami dalle mie ombre o Signore!" Così ho pregato, ma nessuno ascoltava dall'alto. È arrivato l'inverno, non esiste fuga dal mio dolore. M'accade di pensare alla morte: prendimi nel sonno, mentre sogno e vedo lui tra la folla.
© Adriana Mirando (immagine presa dal web)
Nella notte il mio occhio non dormiva poiché la mia anima meditava il tempo fissato. Si avvicinava come un lampo, un tuono, e avvertiva della sua presenza. L'imperfetto segnala la persistenza l'instabilità dell'essere. Non inghiottirmi nel mio orgoglio, ricordami nel pianto della mia introspezione. Anche se il vento dovesse soffiare sul mare agitato per provocare maggiore rovina e mi trovassi nella confusione, ricordami nel tuo amore. Perfezionami prima che il sole abbia la sua eclissi maggiore.
© Adriana Mirando (immagine presa dal web)
Traboccante d'amore il mio cuore ruppe gli argini del mio dolore, ma ti lasciai andare. Più nessuna firma di poeta senza alcun nome d'autore avranno le mie parole d'amore, e ti lasciai andare.
© Adriana Mirando (immagine presa dal web)